2.7 Vicende stagionali dell'Egitto
La storia dell'agricoltura in Egitto comincia [...] col Nilo. Sulle rive di questo gli abitanti primitivi trovarono allo stato selvatico le due piante erbacee, orzo e miglio, e scopersero che potevano servire per l'alimentazione. Scopersero pure che quelle piante crescevano meglio quand'erano nutrite da rivoli e canali che il fiume generoso formava. Impararono così, imitando la natura, a irrigare le terre incolte e a fare che il deserto "fiorisse come una rosa". L'Egitto è secondo l'espressione di Erodoto "un dono del Nilo". Il Nilo è lungo circa 6500 chilometri e scorre fra le sabbie dorate del deserto a est del grande Sahara, come un nastro di cobalto, con bordi verdi di vegetazione. La lunga e stretta valle è chiusa per la maggior parte della sua lunghezza tra colline di granito color di porpora, e in qualche punto si restringe alle dimensioni di un nostro campo mentre in altri si allarga per quindici, venti, cinquanta chilometri.
Il periodo delle acque basse era in origine un periodo di siccità. Un funzionario della dodicesima dinastia, che doveva visitare la zona mineraria, ci racconta in una iscrizione come in estate "le colline sono roventi [...] la roccia produce scottature sulla pelle". Nei cinquanta giorni che i moderni Egizi chiamano el Khamasin, spirano frequenti i venti infocati del Sud. L'atmosfera è fosca, il deserto abbacinante il terriccio nero nel letto del fiume, nudo e screpolato. La vegetazione sopravvive solo colà dove si ha gran cura di mantenere la terra irrigata.
L'Egitto sembra ripiombi nel deserto originario, dentro il dominio della desolazione e della morte eterna.
Ma verso la fine di maggio arriva, gradito ristoro, il vento fresco del Nord, spirante dal Mediterraneo, che i testi egizi chiamavano il Gran Verde. Esso tempera il calore, spazza la polvere accumulata sulle piante; è proprio un "alito di vita" sul paese estenuato. Nei canti e in altre composizioni dell'antichità, al vento del Nord si dà il benvenuto: esso vien lodato e benedetto per la frescura che arreca, ristoratrice, rigeneratrice di tutti gli esseri.
Poi appare il secondo indizio della stagione che muta: la stella di Sirio, detta dai Greci "Sothis". In una magica notte di giugno, che gli indigeni oggi chiamano Leylet en-Nuktah, si dice che una lacrima cade dalla stella e fa crescere il fiume.
Quando il fiume comincia a crescere, trascina seco la schiuma verde delle acque equatoriali rimaste a lungo stagnanti e fangose e per tre o quattro giorni l'Egitto vede scorrere il "Nilo Verde" [...]
Nei testi delle Piramidi Osiride è identificato con la verde sostanza vitale della "nuova acqua" e col suolo e con la vegetazione che l'acqua fa germogliare. Nel testo 589 delle Piramidi, si leggono queste parole: "Oro giunge Egli mira suo padre in te, o Verde, nel tuo nome, Acqua del Verde!".
Dopo un paio di settimane, le acque sempre più gonfie, si tingono di creta rossa e il Nilo pare un fiume di sangue. È il "Nilo Rosso" e il sangue si credeva anticamente fosse quello di Osiride trafitto.
Verso il principio d'agosto, il Nilo straripa inondando la valle e circondando i villaggi costruiti sulle alture o riparati dalle dighe, i quali, secondo l'espressione di Erodoto, rassomigliano alle isole dell'Egeo. Dopo che l'"acqua nuova" ha imbevuto l'arida terra, l'Egitto appare trasformato come per un magico prodigio. La vita rinasce, gli insetti sembrano venir fuori per generazione spontanea, i sorci scappano dai crepacci della terra riarsa per non annegare. Spunta l'erba; germogliano d'un tratto i semi dell'orzo che giacevano nelle aride sabbie; gli alberi e i cespugli si ammantano di una splendida fioritura; tutta la valle è piena di frescura, di attività, di bellezza [...]
Quando il Nilo rientra nel suo letto — intorno al solstizio d'inverno — si lavorano i campi. "In nessun paese — scriveva Erodoto — il raccolto costa meno fatica [...] L'agricoltore aspetta che l'acqua naturalmente si sia sparsa sui suoi campi e poi si ritiri; allora semina il suo pezzo di terreno e quindi vi manda i maiali, che calpestandolo vi seppelliscono la semente.
Dopo di ciò, non ha che da aspettare la messe. I maiali sono adoperati anche per trebbiare il grano, che poscia è portato nei granai".
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