14.4 Contegno di Filippo dopo la vittoria
Dopo la vittoria, Filippo adottò un sistema di governo moderato, se si eccettua il duro trattamento riservato a Tebe. Risparmiata Atene (perfino Demòstene fu lasciato vivere in pace), fece riunire in congresso a Corinto i rappresentanti delle città greche: qui fece proclamare la Lega panellenica, ossia l'unione di tutti i Greci, assumendone la direzione. Poi, atteggiandosi a campione dell'ellenismo nella lotta contro i barbari, si fece assegnare il comando di tutte le forze militari della Lega e si dispose a organizzare una grande spedizione contro la Persia, per liberare le colonie greche dell'Asia. Ma quando già i preparativi erano a buon punto, la mano omicida di un suo vassallo, forse segretamente armata dal re persiano, lo spense (336 a. C.).
Il trono passò al figlio ventenne Alessandro, giovane di audacia e di coraggio straordinari, cui toccò in sorte di portare a termine il disegno già intrapreso dal padre di aprire all'influenza della civiltà dell'Ellade i paesi dell'Oriente.
Del suo valore ecco un esempio precoce offertoci da Plutarco:
Un certo Filonico di Tessaglia aveva condotto a Filippo un cavallo chiamato Bucefalo, per il quale richiedeva tredici talenti. Ma il cavallo dimostrò di essere assai difficile da domare e gli scudieri dichiararono che sarebbe stato impossibile servirsene, poiché insofferente di freno. Filippo allora stava per licenziare Filonico, quando Alessandro esclamò: "Che cavallo magnifico sta per essere perduto, causa la mancanza d'ardire e d'esperienza!"
Filippo lo intese, e rivolgendosi a lui: "Giovinetto - gli disse - tu critichi i vecchi quasi tu fossi più esperto di loro e più di loro ti sentissi capace di domare quel cavallo!"
"Sì, o mio re - rispose Alessandro - io saprei cavalcarlo meglio di loro."
"E bene sia; se tu non te ne servirai meglio - disse Filippo - che cosa pagherai per ammenda della tua folle impresa?"
Ed Alessandro a lui: "Il prezzo del cavallo".
Questa risposta fece ridere tutti coloro che erano colà riuniti, mentre il re e il principe convenivano che chi avesse perduta la scommessa pagherebbe i tredici talenti. Allora Alessandro si avvicinò al cavallo, prese le redini e gli volse la testa verso il sole, avendo osservato che quello che più lo spaventava era l'ombra sua. Poiché ancora scalpitava e sbuffava pieno di collera, lo accarezzò parlandogli con dolcezza, poi, cogliendo il momento opportuno, saltò in groppa con estrema leggerezza tenendo alte le briglie, per non molestarlo, [...] Quando lo sentì domato [...] lo spinse a briglia sciolta [...]
Filippo e tutta la corte, in un'angoscia mortale, seguivano il principe in silenzio. Ma Alessandro, finita la sua corsa, ritornò a testa alta, fiero e felice di aver ridotto all'obbedienza un cavallo ritenuto indomabile. Tutti i cortigiani applaudirono freneticamente e Filippo, si afferma, versò lacrime di gioia esclamando nel baciarlo in fronte: "Figlio mio, cerca un altro regno, poiché la Macedonia è troppo piccola per te".
Torna all'indice