28.7 Conquista della Gallia
Le imprese di Cesare nella Gallia Transalpina ebbero un'importanza enorme tanto militare che politica. Dal punto di vista militare esse permisero al grande Romano di sperimentare il proprio prestigio sui soldati e sui popoli, di perfezionare le sue doti di stratega e, nello stesso tempo, di esaltare l'orgoglio romano facendo impallidire i successi del suo rivale Pompeo. Dal punto di vista politico le imprese di Gallia prepararono a Cesare la base per ascendere al potere e allargarono i confini di Roma; ma soprattutto giovarono all'incivilimento dell'Europa, perché permisero di trapiantare nel cuore di essa i germi di quelle civiltà più mature, che prima d'allora erano rimaste confinate ai paesi del Mediterraneo.
Quanto lontana da queste civiltà fosse, prima della penetrazione romana, la società gallica lo mostra questa pagina di Cesare:
"Vi sono in Gallia due classi di uomini privilegiati che godono autorità e onori: i druidi e i cavalieri. I druidi attendono al culto, provvedono ai sacrifici pubblici e privati, si occupano delle cose di religione e sono tenuti in grande onore perché risolvono le controversie dei cittadini e delle tribù. Non prestano servizio militare, non pagano tasse. Sedotti da così grandi privilegi, molti si mettono sotto la loro disciplina, non solo per elezione, ma anche perché vi sono mandati dai genitori e dai parenti. Si dice che a quella scuola, dove alcuni rimangono sino a vent'anni, si impari a memoria un gran numero di versi.
I druidi vogliono soprattutto imprimere nel popolo la persuasione che l'anima non muore ma che dopo la morte dell'uomo passa da un corpo all'altro, e credono con ciò di togliere la paura della morte e di spronare sommamente il coraggio. I cavalieri in caso di guerra vi partecipano tutti; e quanto più uno s'innalza per nobilità e per ricchezza, tanto più grande è il numero degli schiavi e dei clienti che gli stanno d'attorno. Sono queste [druidi e cavalieri] le sole autorità che riconoscono. Tutti i Galli sono molto dediti alle pratiche religiose; quando sono colti da gravi malattie, o si trovano in pericoli di battaglie, sacrificano agli dei uomini invece che animali, perché credono che non si possano placare le divinità immortali se non dando loro, in cambio della vita di un uomo, quella di un altro uomo. Quelle rimanenti consuetudini di vita si differenziano dagli altri popoli soltanto in questo: che non permettono ai loro figli di avvicinarli in pubblico, se non quando sono in età da poter soddisfare i doveri militari e che credono riprovevole che un figlio di età puerile si mostri in pubblico a fianco al padre."
Cesare iniziò la conquista della Gallia nel 58 a. C. al comando di tre legioni, muovendo dalla Gallici Narbonese, già in possesso dei Romani, e, in otto anni di guerre alternate a trattative diplomatiche, ridusse in suo dominio l'intera regione.
Respinta dapprima l'invasione degli Elvezi e sconfitte le tribù germaniche degli Svevi, guidate da Ariovisto, disseminò la Gallia di presìdi romani stabili. Questo fatto mise in agitazione le popolazioni galliche gelose della loro indipendenza e specialmente le bellicose tribù dei Belgi, di cui però Cesare prevenne l'attacco sconfiggendole e occupando tutta l'immensa regione compresa tra il Mare del Nord, l'Atlantico e il Mediterraneo. Dopo di ciò, Cesare condusse a termine due imprese di grande effetto: gettato un ponte sul Reno, fece una breve scorreria nel selvaggio paese dei Germani; successivamente, varcata la Manica, compì una ricognizione sulle coste meridionali della Britannia, l'odierna Inghilterra, per cercare eventuali nuovi sbocchi all'espansione romana.
La conquista della Gallia sembrava così consolidata, quando una grande rivolta lungamente covata divampò all'improvviso in tutto il paese. Solo mediante una perigliosa campagna Cesare riuscì ad aver ragione dei rivoltosi e a sconfiggere e far prigioniero nella battaglia di Alesia il loro giovane e valoroso capo Vercingetorige, re degli Arverni. Dopo la vittoria, in pochi mesi Cesare pacificò il paese dimostrando di possedere, oltre al genio strategico, qualità di organizzatore e di uomo politico di prim'ordine. Della sua fatica di generale e della sua opera diplomatica ci ha lasciato egli stesso un mirabile racconto, intitolato Commentari della guerra gallica. Quest'opera unitamente ai Commentari della guerra civile, in cui narra la storia della sua lotta con Pompeo, colloca il nome di Cesare tra quelli dei più grandi scrittori latini.
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