15.6 La poesia e il teatro
Le produzioni dell'arte, cui il popolo greco diede grandissima importanza, raggiunsero tale bellezza da diventare oggetto di imitazione e di studio da parte di tutti gli artisti e gli uomini colti dei secoli posteriori.
Omero narrò negli antichi poemi dell'Iliade e dell'Odissea le imprese dei primi e più famosi eroi ellenici; Esiodo cantò nella Teogonìa e ne Le Opere e i Giorni, l'origine degli dei e il lavoro umano. Nei secoli VII e VI Archiloco, Alcèo, Anacreonte e la gentile poetessa Saffo espressero in dolcissimi versi i più delicati sentimenti dell'uomo mentre Tirteo, se dobbiamo credere al racconto di Pausania che qui riportiamo, compose versi guerreschi di trascinante efficacia.
"Durante un momento difficile della guerra contro Messene, gli Spartani ricevettero un oracolo di Delfi che ordinava di chiamare come consigliere uno di Atene. Essi allora mandarono colà dei messi per notificare l'oracolo e richiedere una persona capace di consigliarli. Ma gli Ateniesi, che non volevano né disobbedire al dio né che gli Spartani, piegando Messene, si impossessassero, con loro pericolo, della parte migliore del Peloponneso, risolsero di mandare a Sparta Tirteo, un maestro di lettura e di scrittura, che era ritenuto non molto intelligente e che per di più era zoppo. Ma, appena giunto, Tirteo andò a visitare privatamente i cittadini più ragguardevoli e, raccoltili insieme, incominciò a cantar loro i versi guerreschi da lui composti, divenuti in seguito tanto famosi, i quali ottennero l'effetto di spronare gli Spartani alla vittoria."
Un secolo più tardi la lirica raggiunse l'espressione più intensa nelle poesie di Simonide e di Pindaro.
La forma d'arte più strettamente legata alle credenze e ai costumi dei Greci fu però il teatro; gli spettacoli erano allestiti a cura dello Stato (la partecipazione dei cittadini era gratuita) e avevano l'importanza di una funzione religiosa.
I teatri erano scoperti, a forma di gradinate concentriche digradanti verso la platea, detta orchestra: in essa il coro intrecciava le sue danze e innalzava i suoi canti intorno all'altare di Diòniso che era collocato nel centro. Di fronte agli spettatori seduti sulle gradinate, sorgeva il palcoscenico di pietra sul quale si muovevano gli attori; essi recitavano mascherati, ergendosi su altissime calzature chiamate coturni in modo che i personaggi rappresentati avessero maggiore maestosità.
Nelle tragedie i Greci crearono opere immortali: i maggiori tragediografi furono Eschilo, Sofocle, Euripide. Grandi scrittori di commedie furono Aristofane e Menandro.
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