17.2 La leggenda della fondazione di Roma
Da Alba Longa, su cui regnarono i discendenti di Ascanio, derivò i suoi natali l'antica Roma, la cui fondazione sarebbe avvenuta 753 anni prima di Cristo il giorno 21 aprile.
Il leggendario racconto della nascita di Roma prende le mosse dal delitto di Amulio che, usurpato il trono di Alba Longa al fratello Numitore, ne trucidò la prole maschile. Solo la figlia Rea Silvia ottenne grazia, ma fu costretta a diventare sacerdotessa di Vesta e quindi a non sposarsi. La leggenda prosegue narrando come la giovane Vestale, di cui Marte si era invaghito, avesse avuto dal dio due gemelli e come Amulio, saputa la cosa, ordinasse di mettere a morte la nipote e di gettare nel Tevere i neonati. Ma colui che doveva eseguire lo spietato incarico si limitò ad abbandonare i gemelli in una pozza formata dal fiume in piena; perciò, quando le acque si ritirarono, i due bimbi rimasero in secco e furono allattati da una lupa, attratta dai loro vagiti; in seguito vennero raccolti e allevati dal pastore Faustolo e da sua moglie.
Cresciuti in età, i due fratelli, chiamati Romolo e Remo, vennero presto a conoscere il segreto della loro nascita e, organizzata una rivolta contro Amulio, ricollocarono sul trono il vecchio Numitore. Poi decisero di fondare, nel luogo ove erano stati trovati e allevati, una nuova città. "Ma l'ambizione di predominio che era stata la rovina dei loro predecessori" scrive Tito Livio, il grande storico di Roma dell'età augustea, "turbava anche i loro progetti e fece nascere da una causa banale un litigio sanguinoso.
Per sapere quale dei due sarebbe stato chiamato a dare il proprio nome alla città e ad esercitarvi il governo, i due fratelli deliberarono di ricorrere ai presagi divini; a questo scopo Romolo si pose ad attendere gli auspici sul colle Palatino, mentre Remo salì sull'Aventino.
Si racconta che il primo auspicio si sia presentato a Remo sotto l'aspetto di un volo di sei avvoltoi; ma poiché, successivamente, a Romolo ne sarebbero apparsi dodici, i rispettivi compagni li acclamarono re entrambi, l'uno perché aveva avuto prima il presagio, l'altro perché aveva visto un numero doppio di avvoltoi. Dalle parole si passò alle vie di fatto e nella rissa Remo trovò la morte. Ma della morte di Remo c'è anche un'altra versione molto nota: egli avrebbe per scherno saltato a piè pari il solco tracciato per le mura della nuova città e sarebbe stato ucciso dal fratello indignato. In tal modo Romolo, secondo la tradizione, rimase solo a governare, e la nuova città prese da lui il nome di Roma."
La città sorse in una posizione felice che, come spiega Cicerone, ne favorì la vita e lo sviluppo:
"Romolo seppe usufruire dei vantaggi che offre il mare ed evitarne gli svantaggi costruendo la città sulle rive di un fiume fornito sempre abbondantemente d'acqua. In tal modo Roma poté importare non solo dal mare ma anche dalla terra ciò di cui aveva bisogno ed esportare ciò di cui aveva sovrabbondanza. Mi sembra quindi ch'egli già fin d'allora divinasse che questa città sarebbe stata la sede di un grandissimo impero poiché difficilmente una città costruita in qualsiasi altra parte d'Italia avrebbe potuto accogliere in sé tal somma di vantaggi e di potenza. Chiunque, infatti, avrà da sé medesimo notato le naturali protezioni del luogo; a queste si aggiungano le mura, erette sapientemente da Romolo e dagli altri re, lungo il contorno dei monti da ogni lato ardui e scoscesi e i grandissimi terrapieni e il fosso larghissimo coi quali fu chiuso l'unico passaggio che i monti lasciassero aperto, fra l'Esquilino e il Quirinale. Il luogo scelto da Romolo era anche ricco di acque sorgive e assai salubre, nonostante fosse circondato da paludi pestilenziali; infatti sui colli battevano i venti e sulle valli si stendeva a proteggerle dai soverchi calori l'ombra dei colli stessi."
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