13.6 Decadenza della Grecia
A Mantinea (362 a. C.) le forze tebane si scontrarono con quelle avversarie senza che la vittoria fruttasse ad alcuno: gli Spartani furono definitivamente debellati; ma anche Tebe, privata dei suoi uomini migliori (Pelòpida era morto nel 364, Epaminonda perì nella battaglia), cominciò a decadere.
Della morte di Epaminonda, Plutarco ci fa il seguente racconto:
Epaminonda, rimasto ferito nella battaglia di Mantinea, fu portato ancor vivo nella sua tenda; ma i medici e i chirurghi [...] dichiararono subito che essa era insanabile [...]. Epaminonda allora, chiamò lo scudiero [...] e gli chiese: "Il mio scudo è salvo?" Lo scudo gli fu subito presentato ed egli se ne compiacque. Poi domandò a chi fosse toccata la vittoria e gli fu risposto ch'era toccata ai Beoti. Allora chiese di vedere Diofano e Tolida; ma quando gli dissero ch'erano caduti, esortò i cittadini a far subito la pace coi nemici, perché oramai non erano rimasti loro altri capitani abbastanza valorosi [...]. Dopo di che aggiunse: "Ora è tempo che io muoia!" Gli amici presenti incominciarono a piangere e a gridare: "Ah! Epaminonda, tu muori senza lasciare al mondo un figlio degno di te!" "Non importa" rispose "lascio due figlie illustri: la vittoria di Leuttra e la vittoria di Mantinea".
Dopo settant'anni di guerre intestine la Grecia era esaurita: campi devastati, commerci paralizzati, città saccheggiate e spopolate dagli esili, dalle rappresaglie, dalle malattie; e dappertutto masse popolari avvilite dalla miseria, offese dalle ricchezze disonestamente accumulate da pochi profittatori. In tale situazione la Grecia era pronta per la conquista straniera.
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