22.6 Addestramento e disciplina
I generali romani consideravano l'ozio come il peggiore nemico del soldato e perciò tenevano sempre occupati i loro uomini, anche nei periodi di pace, con esercizi ginnici, con marce e manovre militari. Talvolta i soldati venivano pure adibiti a lavori di interesse pubblico, come la costruzione di strade, di fortezze, di acquedotti. Essi erano in ogni caso soggetti a una rigida disciplina; i castighi andavano dalla fustigazione all'espulsione infamante dall'esercito e alla pena capitale, poiché il comandante aveva su di loro diritto di vita e di morte. Se poi accadeva che una legione non si comportasse davanti al nemico col dovuto valore, il comandante supremo poteva ordinarne la decimazione, ossia l'esecuzione capitale di soldati estratti a sorte, in numero di uno ogni dieci.
Ecco dall'opera Stratagemmi di Frontino (sec. I d. C.) tre casi di severità disciplinare che ci mostrano quale fosse l'atteggiamento dei comandanti verso i soldati trasgressori:
"Contro i soldati romani fatti prigionieri da Pirro, re d'Epiro e poi da questi liberati, Appio Claudio fece pronunciare dal Senato una sentenza in forza della quale i cavalieri furono relegati nella fanteria, i fantaccini fra gli ausiliari e gli uni e gli altri obbligati ad attendarsi fuori dall'accampamento fino a quando ciascuno di essi non avesse riportato le spoglie di due nemici.
Tra i soldati di due legioni che avevano ceduto [davanti al nemico] un console fece estrarre a sorte un nome ogni venti e i designati furono decapitati con la scure al cospetto delle truppe.
Un esercito che, nonostante la proibizione del suo comandante, aveva saccheggiato la città di Regium fu punito rigorosamente: quattromila uomini furono messi a morte e un decreto del Senato vietò che ne venissero seppelliti i cadaveri e che alcuno fosse pianto."
Quando invece i soldati compivano atti particolarmente coraggiosi o meritori non mancavano i premi: armi, medaglie, somme di denaro, bracciali, collane, coppe; a colui che per primo scalava le mura di una città assediata veniva addirittura conferita una corona d'oro.
La massima ricompensa che il Senato concedeva ai generali vittoriosi era il trionfo. Il generale ammesso al trionfo, dopo essere stato acclamato sul campo imperator (ossia generale vittorioso), attraversava l'Urbe su un cocchio dorato trainato da quattro cavalli bianchi, tra ali di popolo plaudente, e saliva sul Campidoglio dove sacrificava un toro a Giove. Dietro di lui sfilavano festanti i soldati vittoriosi, seguiti dai prigionieri incatenati, dai trofei e dalle spoglie tolte al nemico. L'esercito romano (almeno quello del periodo repubblicano), formato da soldati che erano cittadini, rifletteva nella sua struttura in modo perfetto le qualità del popolo romano: dedizione al dovere, coraggio, perseveranza e patriottismo.
Del trionfo di L. Emilio Paolo, vincitore (come vedremo più avanti) di Perseo nella battaglia di Pidna avvenuta nel 168 a. C., Plutarco, nelle sue Vite parallele, fa la seguente descrizione:
"Il primo giorno bastò appena per assistere al passaggio delle statue e dei dipinti, che erano trasportati su duecentocinquanta bighe: spettacolo meraviglioso. Nel secondo giorno passarono sopra molti carri le armi più belle e sontuose, tolte ai Macedoni, tutte risplendenti di acciaio e di rame forbito. Nel terzo giorno poi, di buon mattino, passarono prima i trombettieri, suonando come usano i Romani quando eccitano i combattenti. Venivano poi centoventi buoi per il sacrificio, con le corna dorate e adorne di corone e di bende; quindi venivano fanciulli che portavano vasi d'oro e d'argento per le libagioni e quelli che portavano le monete d'oro distribuite in settantasette vasi. Seguivano quelli che sostenevano l'anfora sacra, d'oro, fatta fare da Emilio, del peso di dieci talenti e adorna di pietre preziose, e quelli che portavano i vasi e tutti gli altri arnesi d'oro dei quali si serviva Perseo quando pranzava. Venivano poi il cocchio di Perseo, le sue armi e il diadema posto sulle armi stesse. A breve intervallo erano condotti prigionieri i figli del re, insieme con la schiera delle nutrici, dei precettori, dei pedagoghi. Perseo li seguiva con una veste scura, attonito per la grande sciagura. Quindi, preceduto da quattrocento corone d'oro mandate dalle altre città in premio della vittoria, veniva Emilio stesso, sopra un cocchio pomposamente addobbato, vestito di porpora cosparsa d'oro; nella destra teneva un ramo di alloro. E rami di alloro portava pure tutto l'esercito."
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