14.6 La guerra contro la Persia
Ristabilita in tutta la Grecia l'obbedienza ai suoi voleri, il giovane Alessandro riprese il progetto del padre: nella primavera del 334 a. C., con un esercito sceltissimo ma poco numeroso (appena trentamila fanti e cinquemila cavalieri), varcò l'Ellesponto e attaccò l'impero persiano.
Questo, sotto i colpi dell'audace conquistatore si rivelò un colosso dai piedi d'argilla: i suoi eserciti, antiquati d'armamento e composti di soldati non sempre fedeli, furono ripetutamente battuti. Con la battaglia del fiume Granico, Alessandro liberò i Greci della Ionia e si assicurò il possesso dell'Asia Minore; poi, nella primavera successiva, sgominò nella pianura di Isso l'esercito nemico. Lo stesso re, Dario III, riuscì a stento a sottrarsi alla cattura, abbandonando nelle mani del vincitore l'intera sua famiglia.
Alessandro si diresse quindi verso sud e ultimò la conquista della Siria, domò i Fenici, asserragliati in Tiro, entrò in Gerusalemme e proseguì poi verso l'Egitto. Qui fu accolto come un liberatore; nell'oasi di Ammone il gran sacerdote del tempio lo proclamò figlio del dio; alla foce del Nilo fondò Alessandria, la città che era destinata a diventare il più fiorente porto del Mediterraneo e il massimo centro della civiltà ellenistica.
Scrive a questo riguardo Diodoro Siculo:
"Mentre si trovava in Egitto Alessandro volle edificare una grande città; scelta la località adatta tra la palude e il mare, diede ordine ai suoi ministri di incominciare l'opera. Dopo averne in persona determinato il terreno e stabilito il tracciato delle strade, decise di chiamarla col suo nome: Alessandria. La città sorse in una posizione opportunissima, presso il vicino porto del Faro e nel costruirla si ebbe cura di disporre le strade in modo che i venti del vastissimo mare, prendendole d'infilata, rinfrescassero l'aria e procurassero agli abitanti temperatura mite ed aria salubre. L'ampio circuito delle mura rendeva la città vasta e sicura ad un tempo, poiché il lago da una parte e il mare dall'altra lasciavano soltanto due angusti accessi dalla terraferma, molto facili da custodire.
La città aveva la forma di una clamide, tagliata in due dalla piazza, ed era grande e mirabilmente elegante. Da una porta all'altra era lunga quaranta stadi; la larghezza era di cento piedi ed era tutta ornata di case e di templi di magnifica architettura.
Inoltre, Alessandro ordinò di costruirvi una vasta reggia, che riuscì magnificentissima in ogni sua parte e che poi i re d'Egitto, che succedettero ad Alessandro, fino all'età nostra, ampliarono in modo molto sontuoso. Con l'andar del tempo, tanto Alessandria si ingrandì sotto ogni rispetto, che molti la collocarono tra le prime città del mondo. Ed invero per grandezza, eleganza e ricchezza e, ancora per i comodi tutti della vita, essa è superiore alle altre, come lo è per numero di abitanti. Quando noi andammo in Egitto ci fu riferito da chi tiene i registri pubblici, che essa contava più di trecentomila persone libere e che il re d'Egitto ne trae una rendita di oltre seimila talenti."
Dall'Egitto Alessandro si volse di nuovo verso l'Asia per chiudere la partita col vacillante impero persiano.
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