39.2 Gli Ostrogoti in Italia: Teodorico
Teodorico aveva ottenuto dall'imperatore Zenone l'autorizzazione a insediarsi in Italia come suo vicario. Pertanto, mentre regnava sul suo popolo secondo le costumanze e le leggi barbariche, governò la popolazione romano-italica come delegato dell'imperatore, accontentandosi di riservare ai suoi Goti le cariche militari.
Educato alla corte di Costantinopoli, ammiratore della superiore civiltà latina, il re barbarico avrebbe voluto che Romani e Ostrogoti convivessero pacificamente. A questo fine usò grande rispetto verso il Papa, accordò libertà di culto ai cattolici, sebbene egli e i suoi fossero seguaci dell'eresia ariana e chiamò alla sua corte i maggiori esponenti della cultura del tempo, quali Severino Boezio, Simmaco e Cassiodoro: inoltre assegnò a patrizi romani importanti cariche politiche e amministrative, contribuendo a tener vivo lo spirito della romanità con l'arricchire Ravenna di imponenti costruzioni e col regolare i rapporti fra Goti e Romani - per quanto possibile - secondo i princìpi del diritto romano.
Questo messaggio, citato da Cassiodoro, che annuncia l'invio di un conte goto nelle province, ne fornisce una prova:
"Giacché sappiamo, coll'aiuto di Dio, che i Goti vivono mescolati con voi, perché non sorga, come al solito, qualche contesa tra i consorti, abbiamo creduto necessario [...] destinare a voi un conte che secondo i nostri editti debba risolvere le liti tra due Goti: se qualche causa fosse poi sorta tra un Goto e un Romano, egli, associatosi con un giurisperito romano, possa decidere la contesa con criterio di equità. Tra due Romani poi, giudichino quei Romani che mandiamo quali giudici nella provincia, perché siano salvi i diritti di ciascuno. Così nella pace comune l'uno e l'altro popolo, col favore divino, goda di una dolce tranquillità. Sappiate infatti che noi abbiamo un amore uguale per tutti, ma sarà maggiormente caro all'animo nostro colui che amerà le leggi con volontà di pace. Noi non amiamo ciò che è contrario alla civiltà: detestiamo la superbia criminosa con i suoi autori: la nostra pietà maledice i violenti. Nelle questioni valgono i diritti non le mani [...] Una sola aspirazione regoli la vita di voi che soggiacete a un solo governo. E ambedue i popoli ascoltino il nostro voto. A voi o Goti, siano i Romani congiunti per l'amore come vi sono vicini nei poderi. E voi, o Romani, dovete amare di grande affetto i Goti che fanno più numerosa la nazione in pace, e in guerra difendono tutto lo Stato."
Questa politica di tolleranza e di conciliazione però non poteva piacere a tutti; tanto fra i Goti quanto fra i Romani si formarono partiti intransigenti che rifiutarono questa collaborazione, gli uni in nome della forza e della conquista, gli altri in nome dell'orgoglio e della dignità romana.
L'opposizione romana aveva i suoi fautori più convinti tra i vecchi aristocratici, più degli altri insofferenti della supremazia barbarica. Costoro, quando l'imperatore d'Oriente Giustino iniziò una politica ostile a Teodorico (mirante cioè a ricondurre l'Italia sotto la dominazione imperiale) cominciarono a complottare con la corte di Costantinopoli.
Teodorico, dopo aver tentato invano d'indurre l'imperatore a revocare i decreti contro i seguaci del culto ariano, tra i quali erano gli Ostrogoti, si lasciò andare per ritorsione a persecuzioni violente contro i cattolici e gli oppositori romani più influenti, accusandoli di tradimento; il filosofo Boezio, Simmaco e molti senatori furono messi a morte, e lo stesso papa Giovanni I fu imprigionato e lasciato morire di stenti in un carcere.
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