10.4 Tirannide di Pisistrato
La leggenda racconta che Solone, prima di lasciare Atene, fece giurare ai suoi concittadini di rispettare la nuova costituzione almeno per dieci anni. Ma, come era prevedibile, i nobili, che si ritenevano danneggiati dagli ordinamenti soloniani, e il popolo minuto, che non era rimasto sufficientemente appagato nelle sue aspirazioni, cominciarono presto ad agitarsi e a seminare discordie. Così, appena vent'anni dopo, si verificò un nuovo colpo di scena.
Il protagonista di esso fu Pisistrato, un ricco cittadino ateniese, ambizioso e intelligente: costui scacciò gli eupatrìdi dalla città e riunì nelle proprie mani tutti i poteri, divenendo, come si diceva allora, tiranno di Atene (561 a. C.), sfruttando abilmente il malcontento popolare. Aristotele in una pagina della Costituzione di Atene così ne presenta le indiscutibili qualità:
"Pisistrato reggeva la città moderatamente e più da cittadino che da tiranno; perché negli editti era mite e indulgente verso i colpevoli, ed invero a chi ne abbisognasse, anticipava denari pei lavori, per modo che senza interruzione potevano coltivare il terreno. E ciò faceva per due ragioni, perché non si fermassero in città, ma fossero dispersi pel paese, e perché, avendo sufficiente abbondanza ed essendo occupati negli affari privati, né desiderassero né avessero tempo di curarsi dei pubblici. Ed anche le entrate erano maggiori, dacché era coltivata la terra, perché si pagava a lui [Pisistrato] un decimo del prodotto. Perciò stabilì anche i giudici nei demi ed egli stesso usciva di frequente nel paese a sorvegliare e riconciliare i discordanti, affinché col venire in città non trascurassero i campi [...]. E neppure nel resto molestava il popolo col suo governo, ma sempre cercava pace e lo conservava in quiete, così che spesso si ripeteva che la tirannide di Pisistrato era un vivere al tempo di Crono, perché più tardi per l'alterigia dei figli il governo diventò troppo duro.
E dei pregi il più grande era ch'egli fosse popolare e mite. Perché del resto era solito seguire interamente le leggi, non concedendosi nessuna prevalenza, e una volta accusato di omicidio dinnanzi all'Areopàgo egli stesso si presentò a difendersi, e l'accusatore spaventato desistette. Perciò poté durare a lungo nel regno, e cacciato ritornò facilmente perché lo volevano i più dei nobili e dei democratici, in quanto che giovava agli uni col trattenersi seco loro, agli altri aiutandoli anche negli affari privati, e cogli uni e cogli altri bene si comportava."
La tirannide di Pisistrato, nonostante la restrizione della libertà, fu dunque benefica per la maggior parte dei cittadini: i contadini poveri ottennero assegnazioni di terre; le industrie, i commerci, le imprese di navigazione furono saggiamente favorite; le arti e le lettere incoraggiate e protette. Alla morte di Pisistrato (528 a. C.), però i suoi figli, Ippia ed Ipparco, non seppero conservarsi il favore popolare: il primo fu ucciso da Armodio e da Aristogitone, il secondo costretto a fuggire. Gli Ateniesi si diedero una nuova costituzione.
Torna all'indice