20. I Romani vittoriosi all'esterno sono dilaniati all'interno dalle lotte sociali
20.1 Tentativi di Tarquinio di ricuperare il trono
I primi consoli della repubblica furono Giunio Bruto e Lucio Tarquinio Collatino, gli stessi che avevano guidato la rivolta contro la monarchia. Sotto il loro governo fu sventato un tentativo di Tarquinio il Superbo di ricuperare il trono col favore dei suoi partigiani rimasti in Roma. Costoro tentarono una sollevazione per ristabilire la monarchia: ma i consoli la prevennero mandando a morte i congiurati. Tra questi si trovavano anche i figli dello stesso Giunio Bruto, il quale non esitò a sacrificare il suo affetto di padre ai doveri di primo magistrato della repubblica.
Dopo il fallimento di questa rivolta, il re spodestato fece ricorso alle armi del suo connazionale Porsenna, lucumone dell'etrusca Chiusi; questi giunse col suo esercito fin sotto le mura di Roma.
Secondo parecchi studiosi moderni, la lotta sostenuta in questa occasione dalla repubblica romana si sarebbe fatta tanto dura che per un certo periodo la stessa Roma sarebbe stata sommersa dalla marea nemica. Non è possibile oggi stabilire se la verità sia questa o sia invece quella affermata orgogliosamente dalle leggende tramandate dai Romani, secondo le quali l'Urbe, per quanto minacciata a lungo e seriamente, riuscì sempre a salvarsi mercé il valore straordinario dei suoi eroi. Di uno di questi Orazio Coelite, si tramanda che, piantatosi in mezzo al Ponte Sublicio, riuscisse a tenere a bada da solo l'intero esercito di Porsenna mentre i suoi compagni erano intenti a recidere il ponte. Né meno sorprendente appare il virile atteggiamento che la tradizione attribuisce a Caio Muzio detto poi Scevola, ossia "mancino". Costui recatosi travestito al campo nemico nell'intento di uccidere il capo etrusco, colpì per errore il suo segretario; condotto alla presenza di Porsenna, anziché mostrar paura del castigo, stese la mano su un braciere per punirla dell'errore commesso. Porsenna, impressionato da questo esempio di forza romana, avrebbe stipulato una tregua con i Romani.
Alla pace definitiva, però, si sarebbe giunti solo dopo un altro saggio di rettitudine. I Romani avevano consegnato, a garanzia della tregua, trecento ostaggi; uno di questi, l'intrepida Clelia, con alcune compagne, riuscì a fuggire dal campo nemico, ad attraversare il Tevere e a rientrare in città. Ma il console romano, non volendo apparire violatore dei patti, riconsegnò le fuggitive a Porsenna, il quale, ammirato della lealtà romana, si sarebbe indotto a fare la pace, ponendo così fine alle lunghe ostilità.
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