35.3 Le lettere
Anche nella produzione letteraria, che fiorì soprattutto nell'età di Augusto, i Romani subirono l'influenza dei Greci e imitarono, non senza manifestare una propria sensibilità, i capolavori dell'Ellade, tanto nella poesia quanto nella prosa.
Catullo, Orazio, Ovidio e, sopra tutti, Virgilio che cantò nell'Eneide le origini di Roma, sono i poeti che più degli altri hanno saputo fare della lingua latina un mirabile strumento espressivo di sentimenti e di immagini. Ma anche alcuni scrittori di prosa non furono da meno: Cicerone nell'oratoria, Seneca nella filosofia, Cesare, Tito Livio e Tacito nella storia, hanno lasciato un'orma incancellabile nel campo della cultura.
Tito Livio scrisse una monumentale Storia di Roma nella quale esalta le glorie dell'Urbe senza nascondere, nonostante scrivesse sotto il regno d'Augusto, il rimpianto per le antiche virtù repubblicane, come appare da questo brano della prefazione al I libro:
"Io vorrei che ognuno prestasse attenzione alla vita, ai costumi, agli uomini, ai mezzi tramite i quali all'interno e all'esterno questo impero è nato, ed è cresciuto; [...] e poi alla maniera come le tradizioni hanno cominciato a sfaldarsi con un crescendo sempre maggiore fino ad arrivare ai nostri giorni nei quali non possiamo più sopportare né i nostri mali né i loro rimedi. Ma il frutto più importante [...] della conoscenza della storia deriva dal fatto che vengono posti in rilievo [...] esempi istruttivi di ogni sorta.
D'altra parte, o il mio amore per l'opera intrapresa mi inganna, o giammai è esistito uno Stato più grande di Roma, più attento alle virtù, più ricco di buoni esempi, giammai è esistita una città in cui così tardi siano entrati il lusso e la cupidigia, dove tanto e tanto a lungo furono tenuti in onore la povertà e la parsimonia. [...]"
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