29.5 La congiura di Bruto e Cassio
Una riforma di Cesare di portata universale fu quella del calendario, detto dal suo nome giuliano, che Roma impose a tutti i popoli dell'impero e che sopravvisse intatto fino al secolo XVI.
Non tutti i cittadini romani però erano soddisfatti dei propositi di Cesare; molti, nel loro geloso orgoglio, mal tolleravano che i diritti politici venissero estesi ai provinciali; i componenti della classe nobiliare e senatoria rimpiangevano la costituzione della repubblica aristocratica; alcuni giovani colti, ammiratori delle libere istituzioni delle antiche città greche, sognavano di farle rivivere in Roma e giudicavano Cesare, pur così moderato, umano e generoso, come un tiranno deciso a trasformare in servi i liberi cittadini romani e a distruggere ogni libertà.
Facendo affidamento su questo diffuso stato d'animo ostile al dittatore, alcuni aristocratici ordirono una congiura: il 15 marzo del 44 a. C. (le idi di marzo secondo il calendario romano) i congiurati, fra i quali primeggiavano Longino Cassio e Giunio Bruto - un giovane che Cesare aveva adottato - assalirono in Senato a colpi di pugnale il dittatore e lo abbatterono ai piedi della statua di Pompeo.
"Nel momento in cui Cesare entra in Senato - racconta Plutarco - i senatori si inchinano e si alzano in segno di onore. Dei complici di Bruto, alcuni si dispongono dietro lo scranno di Cesare altri si raggruppano davanti a lui come per aggiungere le loro istanze a quelle di Tullio Cimbro, che domanda il richiamo del proprio fratello dall'esilio. Cesare, sedendosi, respinge le preghiere, e siccome quelli insistono più vivamente, si mostra infastidito con ciascuno di loro. Allora Tullio gli afferra la toga con ambo le mani scoprendogli il collo: era il segnale dell'attacco. Casca, per primo, lo colpisce con la spada lungo il collo; ma la ferita non è mortale, né profonda. Cesare si volge, afferra la spada e lo arresta: entrambi gridano nello stesso tempo, la vittima in latino "Scellerato d'un Casca che cosa fai?" e l'assassino in greco, rivolgendosi al fratello, "Fratello, soccorso!" Intanto tutti i congiurati estraggono le spade e circondano Cesare da ogni parte; [...] Alcuni raccontano che non appena Cesare ebbe scorto Bruto con la spada nuda, s'avvolse la testa nel mantello e si abbandonò ai colpi; [...]"
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