12.3 Pericle
Pericle, benché nobile di nascita, appartenne al partito democratico. Studiò alla scuola del filosofo Anassagora e coltivò l'eloquenza, le lettere e le arti. Energico e giusto, affabile e persuasivo, egli apparve ai suoi concittadini come l'incarnazione del loro ideale di equilibrio tra le qualità intellettuali, morali e pratiche.
Ecco come Plutarco ce ne ha tramandato il ritratto e le qualità:
Pericle, ben fatto nella persona, aveva la testa di lunghezza sproporzionata. È questo il motivo per cui tutte le sue statue portano il casco: gli scultori hanno così voluto celare un difetto che i poeti ateniesi gli hanno pubblicamente rinfacciato chiamandolo "testa di cipolla". Pericle attinse dalla dimestichezza con il filosofo Anassagora non solo la vastità dello spirito e la sublime eloquenza, lontana dalla affettazione e dalla bassezza dello stile popolare, ma anche un aspetto grave e severo, che il riso non temperava mai, un passo fermo e tranquillo, un timbro di voce sempre uguale, una compostezza di condotta, di gesto e di abbigliamento che non si alterava nemmeno nelle azioni più veementi o quando parlava in pubblico. Rinunciò [dal momento che pervenne al potere] alle feste, alle riunioni e a tutti i divertimenti di tal genere e, per tema che troppo frequenti contatti col popolo finissero col recare a noia la sua persona si mostrò raramente nelle assemblee e a intervalli di tempo molto distanziati. Si asteneva dal prendere la parola su questioni di mediocre interesse, riservandosi di parlare solo nelle grandi occasioni come si faceva della triaria di Salamina [la nave di rappresentanza usata solo nelle solennità pubbliche]. La sua eloquenza lo innalzò al di sopra di tutti gli altri oratori e gli meritò il soprannome di "olimpico".
La politica di Pericle fu rivolta a fare di Atene il centro di tutta la Grecia, a mantenere la pace, a comporre le discordie cittadine di cui era stato vittima perfino Temistocle, colpito con l'ostracismo.
Nel 444 a. C. Pericle fu eletto stratega, carica che gli fu poi confermata di anno in anno fino alla sua morte (429 a. C.). Ma nonostante l'illimitato ascendente sul popolo, egli non aspirò mai al potere assoluto e condivise lealmente il potere con gli altri nove strateghi.
Le riforme da lui attuate ampliarono i diritti popolari. Per impedire che i nobili e i ricchi riuscissero a far eleggere soltanto persone di loro fiducia, volle che tutti i magistrati, a eccezione degli strateghi, fossero estratti a sorte. Inoltre fece votare una legge per cui tutte le cariche dello Stato venivano da quel momento retribuite; in tal modo anche coloro che non erano ricchi potevano assumersi cariche pubbliche. Pericle si propose anche di migliorare il tenore di vita dei poveri, e volle che tutti avessero lavoro e potessero aspirare a una vita dignitosa.
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