34.4 Le case
Le famiglie romane nei tempi più antichi abitavano in case modeste formate da un unico vano senza finestre; la luce penetrava attraverso un largo foro praticato nel soffitto, che serviva pure a scaricare il fumo del focolare. In considerazione della scarsa luminosità e della fuliggine che ricopriva le pareti, questo locale fu detto atrium (da atrum = nero).
Col progressivo miglioramento del tenore di vita l'atrium divenne più accogliente e all'intorno si aggiunsero, a seconda delle condizioni economiche della famiglia, altri locali: il triclinium o sala da pranzo, dove i signori consumavano i pasti stando semisdraiati su un lettuccio; il tablinum, la stanza ove il padrone sbrigava gli affari e conversava con i visitatori, e i cubicula, o stanze da letto.
I ricchi poi, imitando le abitudini dei Greci, costruirono i loro appartamenti privati intorno al peristilium, che era un piccolo cortile circondato da eleganti colonne e rallegrato da fiori e fontane.
Durante l'impero si costruirono anche case di parecchi piani. Nelle città, e specialmente a Roma, accanto alle dimore dei ricchi, si innalzarono grandi edifici detti insulae, che avevano al pianterreno una serie di botteghe e negli altri piani numerosi appartamenti. Le finestre delle case romane si aprivano, come nelle case greche, verso l'interno e solo in epoca molto tarda furono provvedute di chiusure a vetri che contribuirono anche a rendere più luminoso l'ambiente.
La decorazione interna e l'arredamento variarono naturalmente a seconda dei tempi, del gusto e della condizione sociale del padrone di casa; le dimore dei ricchi erano pavimentate a mosaico e decorate di affreschi, di statue e di fregi scolpiti, come testimoniano i resti delle case di Pompei.
In origine i Romani erano molto frugali, ma col raffinarsi dei costumi divennero più golosi e diedero sempre maggiore importanza alla qualità dei cibi e al modo in cui venivano preparati. La prima colazione, a base di formaggio, miele, frutta e pane, si consumava rapidamente, come il pranzo che era pure molto semplice. La cena invece era copiosa e si svolgeva nel triclinium.
Le mense signorili erano imbandite di vivande svariate: carne, pesce, frutta, formaggi ecc., che i servi porgevano accompagnandole con vini prelibati. Talvolta i pasti si prolungavano fino a tarda notte ed erano allietati da musiche e danze.
Famosi rimasero i banchetti di Lucullo, a proposito del quale, Plutarco racconta:
Non contento di star coricato su letti coperti di stoffe di porpora, di farsi servire in vasellame d'oro arricchito di pietre preziose e di essere allietato durante i pasti da cori, danze e musiche, faceva imbandire in tavola i cibi più rari e squisiti e le leccornie più ricercate. [...] Un giorno, essendo solo a pranzo, gli fu servito un pasto mediocre; egli ne rimase molto scontento e, fatto chiamare il maggiordomo, gliene mosse rimprovero. Il domestico rispose che, non essendoci in quel giorno invitati, non aveva creduto di dovere preparare un pranzo più ricco: "Tu non sapevi dunque, rimbeccò il padrone, che questa sera Lucullo pranzava da Lucullo?"
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