24.5 Distruzione di Cartagine
Infine, nel 146 a. C., il console Publio Cornelio Scipione Emiliano, figlio adottivo del vincitore di Zama, espugnò la città; gli abitanti scampati alla strage si dispersero in fuga mentre Scipione Emiliano ordinava che sul luogo ove erano sorte le case e le mura ormai rase al suolo venisse sparso il sale, il che significava che si voleva condannare la città alla perenne sterilità.
Secondo voci riferite da Polibio il comandante romano, di fronte alle rovine della città che era stata la più pericolosa rivale di Roma, pare si comportasse in questo modo:
"Alla vista della città distrutta dalle fondamenta, si sciolse in lacrime e non ebbe ritegno di piangere sulla sventura del nemico; dopo essere rimasto a lungo meditabondo, egli espresse il pensiero che il destino di una città, di un popolo, di un regno è soggetto agli stessi rivolgimenti di quello di un uomo."
Il duello tra le due grandi rivali era durato più di un secolo. Sul territorio ch'era stato dominio di Cartagine Roma piantava definitivamente le sue insegne e creava una nuova provincia: l'Africa.
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