38.3 La religione dei Germani
Le divinità adorate dai Germani erano personificazioni delle forze della natura e dei fenomeni che più colpivano la loro fantasia suggestionabile. Il fragore dei tuoni, l'urlo dei venti, gli alberi giganteschi delle cupe foreste, i vapori lattiginosi stagnanti sui fiumi e sulle paludi erano per loro altrettante manifestazioni di divinità irascibili e combattive, alle quali essi prestavano culti rozzi e talvolta sanguinosi. Odino o Wotan era il Giove di questo Olimpo barbarico chiamato Walhalla, in cui egli soggiornava con un corteggio di dei potenti e terribili.
Solo i guerrieri caduti in battaglia potevano godere dell'eterna felicità del Walhalla; ad esso gli eroi giungevano su alati destrieri, cavalcati da ardite divinità femminili chiamate Walkirie.
Dei costumi dei Germani, con i quali ebbe contatti e scontri durante le guerre galliche, Cesare nei Commentari della guerra gallica ci ha lasciato questi succinti ragguagli:
"I Germani non attendono all'agricoltura e si cibano in prevalenza di latte, di formaggio e di carne; nessuno ha terre o poderi in proprietà; ogni anno i magistrati e i capi assegnano alla gente che vive insieme e alle famiglie un certo numero di terreni, nel luogo che essi vogliono, e l'anno dopo le fanno passare su altri terreni. Di tale costumanza si danno parecchie spiegazioni: perché lasciandosi prendere dal piacere di coltivare la stessa terra, non mutino l'amore della guerra con quello dell'agricoltura; perché i potenti non ne privino i più deboli; perché non si preoccupino troppo di fabbricare dimore stabili a difesa del caldo e del freddo; perché non emerga l'avidità di denaro, fonte di dissidi e di fazioni; perché la plebe, vedendo che tutti, deboli e potenti, sono pari, resti disciplinata. Le città si vantano di avere intorno a sé la solitudine amplissima di devastati paesi, reputando titolo di valore l'aver respinto dalle loro terre le popolazioni circonvicine, credendo con ciò di essere più sicuri per aver stornato il pericolo di improvvise invasioni. Quando una città dichiara o sostiene una guerra, si eleggono magistrati che vi presiedono con diritto di vita e di morte; ma in tempo di pace non vi sono magistrature ordinarie; i notabili dei villaggi e delle borgate rendono ragione ed appianano i litigi. Le ruberie commesse fuori dei confini della propria città non sono considerate infamanti; anzi sono permesse al fine di esercitare la gioventù a vincere la codardia. Quando un capo è nominato duce di un'impresa chiede che chi vuole seguirlo lo dimostri e coloro cui l'impresa piace si alzano promettendogli il loro aiuto; se poi qualcuno di questi non lo segue è considerato disertore e traditore e non viene più creduto in alcuna cosa.
Rispettano gli ospiti; qualunque sia la causa che li ha condotti da loro vengono difesi da ogni ingiuria e ritenuti come cosa sacra; tutti aprono loro le case e li fanno partecipi del cibo."
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