27. Divampano in Roma le guerre civili: Mario e Silla
27.1 Caio Mario
L'elezione di Caio Mario al consolato (107 a. C.) e la sconfitta di Giugurta furono dei veri successi per i democratici, ma segnarono un passo avanti verso le guerre civili. Mario, nato ad Arpino da famiglia benestante, ma plebea, possedeva le qualità adatte a conciliarsi il favore popolare: era uomo rude, poco amante della cultura e delle raffinatezze della vita, impulsivo, nemico degli aristocratici e dei ricchi, desideroso di giovare al popolo, di cui sentiva di essere il rappresentante.
Più dei Gracchi, patrizi fini e colti e che quindi vivevano i problemi del popolo dal di fuori, Mario era l'uomo fatto per guidare alla riscossa la plebe di Roma e per dominarla col suo ascendente e la sua fama di soldato semplice e valoroso, come mostrano le parole, riportate da Sallustio, nel Bellum Iugurthinum con le quali sollecitava la sua elezione a console:
"E ora, Romani, confrontate Mario, uomo nuovo, con questi superbi patrizi. Ciò che questi hanno solo inteso raccontare, ciò che essi si limitano a leggere, io l'ho visto e l'ho fatto di persona; ciò che essi imparano dai libri, io l'ho appreso sui campi di battaglia [...]. Essi disprezzano la mia origine plebea, io la loro inettitudine. [...]
Ogni volta, per così dire, che essi prendono la parola davanti a voi o in Senato, non hanno alla bocca che l'elogio dei loro antenati, quasi che, ricordando le belle azioni di quei grandi uomini, dovessero divenire essi stessi più illustri! Invece è proprio il contrario: più la vita degli uni è brillante, più la nullità degli altri appare degradante [...]. Io non posso, per accaparrare il vostro favore, sfoggiare le statue dei miei antenati, né i trionfi, né i consolati dei miei avi; ma, se occorre, mostrerò dei giavellotti, uno stendardo, delle collane d'onore, e molte altre ricompense militari; mostrerò, soprattutto, le cicatrici che sfregiano il mio petto. Queste sono le mie statue, questa la mia nobiltà: statue e nobiltà che non ho già, come loro, ricevute in eredità, ma che ho conquistato io stesso a prezzo di fatiche e di pericoli."
Con discorsi improntati a questo spirito così fortemente polemico, Mario riuscì ad ottenere il consolato, malgrado l'opposizione dei patrizi, per la prima volta, nel 107 a. C.
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