23.10 Roma dopo Canne
Nella sventura, Roma si mostrò all'altezza del momento. Il Senato e il popolo fecero ala al console vinto come per rendergli onore; poi, senza perdersi in vane recriminazioni, mediante contribuzioni volontarie e arruolando perfino gli schiavi si apprestò un nuovo esercito il cui comando fu affidato a Fabio Massimo.
La situazione, tuttavia, si manteneva grave: alcuni alleati dell'Italia meridionale mancarono alla parola data e, pur non passando direttamente nel campo nemico, tuttavia non prestarono a Roma gli aiuti richiesti. In Sicilia Siracusa passava dalla parte dei Cartaginesi, mentre al di là dell'Adriatico, Filippo V di Macedonia, giudicando il momento opportuno per le sue mire espansionistiche, stretta alleanza con Annibale, invadeva la provincia dell'Illiria.
Annibale, intanto, come aveva fatto dopo la battaglia del Trasimeno, non cercò di avventurarsi su Roma, ma andò a porre gli accampamenti a Capua (ozi di Capua), città che aveva apertamente abbracciato la sua causa, proponendosi di rimandare l'attacco definitivo a Roma al momento in cui egli avesse ricevuto i rinforzi di uomini e di armi che attendeva dall'Africa.
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