35.2 Gli svaghi dei Romani
Gli svaghi ai quali i Romani si appassionavano maggiormente erano le corse dei cocchi, che si svolgevano in appositi edifici detti circhi, il più grandioso dei quali fu, a Roma, il Circo Massimo. Le corse dei carri a due ruote, trainati da due o più cavalli affiancati, erano uno spettacolo emozionante, perché i guidatori (aurighi) che entravano in gara dovevano superare in velocità gli ostacoli appositamente disposti sulle due curve più strette della pista ellittica. Gli spettatori seguivano le fasi dell'ardua competizione col fiato sospeso, facendo scommesse per l'uno o per l'altro concorrente.
Durante l'età imperiale però, l'attrattiva dei circhi fu superata da quella degli anfiteatri dove si svolgevano combattimenti di uomini con belve e di uomini tra loro (gladiatori). I gladiatori erano di solito schiavi addestrati in apposite scuole; quando venivano atterrati dal loro avversario, dovevano al capriccio del pubblico la grazia della vita: se gli spettatori tenevano i pollici rovesciati (pollice verso), il vincitore vibrava al caduto il colpo mortale.
In qualche occasione le arene venivano trasformate in specchi d'acqua sui quali si eseguivano naumachìe, ossia combattimenti navali. Negli anfiteatri infine avvenivano talvolta esecuzioni capitali; in essi subirono il martirio molti Cristiani.
Nei teatri invece, costruiti all'aperto come in Grecia, si riuniva un pubblico più colto, perché le commedie e le tragedie che vi si rappresentavano erano quasi sempre tradotte dal greco o recitate addirittura nella lingua dell'Ellade; non mancarono però anche buoni commediografi latini, come Plauto e Terenzio. Il popolo, tuttavia, si compiacque di preferenza dei mimi e delle pantomime, che erano spettacoli di intonazione buffonesca.
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