24.6 Lo scontro decisivo fra Annibale e Scipione
Gli uomini che Scipione trasportò nella terra africana erano 35 mila. Scipione era uomo pieno di ardire e di fede nei destini della patria; ne aveva già dato una prova all'indomani della sconfitta di Canne, quando, avendo saputo che alcuni cittadini romani, nel timore che la stessa Roma cadesse nelle mani dei Cartaginesi, avevano risoluto di abbandonare la città e l'Italia, si era recato senza perdere tempo nella casa in cui si stava concretando questo progetto e, snudata la spada, aveva costretto i partecipanti a quella riunione a giurare che non avrebbero mai abbandonato l'Italia e la difesa della repubblica.
La stessa fede patriottica gli doveva riempire il petto di esultanza quando, in un giorno del 202 a. C., diede le ultime disposizioni per incontrare l'esercito di Annibale. Il luogo dove avvenne lo scontro decisivo tra Roma e Cartagine è passato alla storia col nome di Zama. Le forze dei due schieramenti si bilanciavano; gli elefanti da guerra, gli autentici carri armati dell'antichità, avrebbero segnato una decisiva superiorità dei Cartaginesi se Scipione con una soluzione veramente geniale non avesse sfruttato a esclusivo vantaggio dei suoi questa superiorità dell'avversario.
Egli infatti, come racconta Tito Livio, diede disposizioni perché le coorti, invece di serrarsi dietro le proprie insegne, si collocassero coi manipoli alquanto distanti le une dalle altre: in tal modo gli elefanti aizzati dai nemici sarebbero entrati nello schieramento romano senza turbarne gli ordini.
Lelio [luogotenente di Scipione] venne collocato all'ala sinistra con la cavalleria italica mentre Massinissa fu inviato all'ala destra coi suoi Numidi. Gli spazi vuoti fra manipolo e manipolo vennero occupati dai soldati armati alla leggera, i quali, durante l'assalto degli elefanti, dovevano mettersi in coda ai manipoli e insinuarsi ai lati tra le file degli astati, facendo in modo che le bestie venissero a trovarsi sotto una vera grandine di frecce. Dal canto suo Annibale, per far colpo sul nemico, mise in linea ben ottanta elefanti, un numero che prima d'allora non s'era mai visto in altre battaglie. Finalmente dal campo romano cominciarono a suonare le trombe e i corni, producendo un tale frastuono che gli elefanti, spaventati, voltarono in gran parte la schiena, andando a urtare contro lo schieramento cartaginese. Massinissa ebbe facile gioco nello sfruttare il panico provocato dal rinculare degli elefanti e, con una carica, fece arretrare la cavalleria dell'ala sinistra cartaginese. I più animosi fra gli elefanti non si erano però lasciati sbigottire dal frastuono e, obbedendo al comando ricevuto, si erano insinuati in piccolo numero nei gruppi dei Romani armati alla leggera e pur ricevendovi molte ferite vi producevano grande strage. Ma alla fine anche questi elefanti si ritirarono sull'ala destra, mettendo in fuga la cavalleria cartaginese, che Lelio cominciò senza indugio ad inseguire.
In tal modo, per quanto la battaglia fosse solo al suo inizio, essa poteva già considerarsi perduta per Annibale; la fanteria cartaginese infatti, privata del sostegno della cavalleria alle ali estreme, pur combattendo con grande accanimento, restava esposta a un aggiramento sui fianchi, e quando i cavalieri di Lelio e di Massinissa, allontanata dal campo di battaglia la cavalleria avversaria, ritornarono verso il luogo del combattimento, i soldati cartaginesi non poterono più oltre resistere e l'insuccesso iniziale si mutò in aperto disastro. Ventimila dei combattenti di Annibale restarono tra le mani dei vincitori; più di ventimila morirono. I vincitori in tutto perdettero un migliaio e mezzo di uomini.
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Indennità di guerra:
somma che il vinto deve pagare al vincitore come risarcimento dei danni da quest'ultimo subiti nel corso delle vicende di guerra.
Conservatore:
il termine si usa in politica per indicare chi vuol sostenere istituzioni, costumi e tradizioni del passato, e si mostra restio a ogni innovazione.