11.3 Seconda guerra persiana
Serse, successore di Dario, non si rassegnò alla sconfitta: con un esercito smisurato passò l'Ellesponto (l'attuale Bosforo) su un gigantesco ponte di barche, e attraverso la Tracia calò sulla Grecia, mentre con una flotta di settecento navi ne minacciava le coste.
"Il nerbo dell'esercito di Serse era costituito da un corpo di diecimila uomini, scelti dal fiore della gente persiana. Essi, stavano sotto il comando unico e separato di Idarne, figlio di Idarne, ed erano detti anche Immortali, perché ogni volta che uno di loro mancava per morte o per malattia era subito sostituito da un altro milite, in modo che il numero di diecimila non variava mai né in più né in meno. Primeggiavano sopra tutti per lo splendore della divisa ed erano anche ritenuti i più prodi. L'armamento dei Diecimila non era per verità diverso da quello degli altri Persiani. Ma le loro vesti scintillavano d'oro. Al loro seguito si trainavano dei carri coperti sui quali stavano i loro servi sfarzosamente vestiti. Anche le provviste di vettovaglie [...] erano fatte in modo particolare e diverso che per l'altra gente."
Su proposta di Temistocle, capo del partito democratico, Atene decretò la costruzione di una flotta da guerra di duecento triremi; nel contempo i rappresentanti delle città greche, convenuti a Corinto, decisero di affidare a Sparta il comando delle forze terrestri riunite. Quando però, nel 480 a. C., le orde nemiche si affacciarono alle Termopili - per il mancato coordinamento dei piani militari tra Atene e Sparta - a difendere il passo che sbarrava l'accesso al cuore della Grecia si trovò solo un'esigua avanguardia di settemila uomini al comando di Leonida, re di Sparta. Per tre giorni i Persiani tentarono invano di forzare le Termopili: alla fine, guidati da un traditore, riuscirono a prendere alle spalle i difensori. Leonida allora, licenziati i contingenti delle altre città greche e trattenuti soltanto trecento guerrieri spartani, affrontò con essi la morte. Ma il loro sacrificio non impedì che gli invasori si riversassero sulla Grecia centrale e sull'Attica.
Per questi eroici caduti, passati alla storia come fulgido esempio di amor di patria e di spirito di sacrificio per il bene comune, il poeta Simonide scrisse questi versi famosi:
"Di quelli che caddero alle Termopili / famosa è la ventura, bella la sorte / e la tomba un'ara. Ad essi la memoria / e non lamenti; ed elogio il compianto. / Non il muschio, né il tempo che devasta / ogni cosa potrà su questa morte. / Con gli eroi, sotto la stessa pietra, / alita ora la gloria della Grecia."
I Persiani, invasa l'Attica, misero a ferro e fuoco la stessa Atene. Ma proprio nel momento in cui Serse riteneva di avere definitivamente vendicato la sconfitta di Maratona, l'ateniese Temistocle, a capo della flotta ellenica, riuscì ad attirare le pesanti e tozze navi persiane nelle insidiose acque di Salamina, irte di scogli e ad affondarle quasi tutte (480 a. C.).
Allora, privato dell'aiuto della flotta, nell'impossibilità di ricevere rifornimenti, l'esercito persiano iniziò la ritirata verso la Tessaglia; ma i Greci non gli diedero tregua e l'anno dopo (479 a. C.), presso Platea nella Beozia, guidati da Pausania, re di Sparta, lo sgominarono completamente. Nello stesso giorno, le navi persiane scampate al disastro di Salamina furono sorprese dalla flotta greca presso il promontorio di Micale, nell'Asia Minore, e colate a picco.
Il merito della grande vittoria spettava principalmente a Temistocle non solo per la sua abilità di stratega, ma anche per la sua sagacia politica in quanto, col promuovere il riarmo navale, aveva mostrato di presentire che il conflitto con la Persia avrebbe potuto risolversi solo sul mare e che sul mare si sarebbe affermata la supremazia di Atene sulle altre città della Grecia.
Ecco come Plutarco illustra i meriti di Temistocle:
"Gli Ateniesi consideravano la sconfitta dei barbari a Maratona come la fine della guerra; Temistocle invece pensava che essa era il preludio di combattimenti maggiori e, pertanto, prevedendo da lungi gli avvenimenti, si preparava all'avvenire per assicurare fin da quel momento la salvezza della Grecia e per predisporvi i suoi concittadini. Per prima cosa osò da solo proporre agli Ateniesi di destinare le rendite delle miniere d'argento del Monte Laurio, che finallora erano ripartite tra i cittadini, alla costruzione di navi a tre ordini di remi, con le quali [egli diceva] avrebbe avuto il mezzo di resistere agli abitanti di Egina [città rivale di Atene]. Fu con questo motivo che egli indusse facilmente gli Ateniesi al sacrificio: non per il timore di Dario e dei Persiani, allora troppo lontani e dei quali poco si paventava il ritorno. Così con l'argento delle miniere si costruirono cento triremi, che in seguito combatterono contro Serse. Da quel momento egli indirizzò l'attenzione degli Ateniesi al mare e alla costruzione di una ragguardevole flotta, facendo loro rilevare che se per terra essi non erano in grado nemmeno di resistere ai loro vicini, con delle forze navali avrebbero potuto respingere i barbari [...]. In tal modo egli, come dice Platone, cambiò degli eccellenti soldati in marinai; [...]."
Torna all'indice