15.5 Le attività economiche
I Greci amarono appassionatamente la vita e si adoperarono a renderla feconda nel pensiero, nell'arte e nel lavoro.
Nonostante la scarsa fertilità del loro suolo (salvo piccole plaghe), essi si dedicarono con fervore all'agricoltura e alla pastorizia, soprattutto nei primi secoli della loro storia. I prodotti più abbondanti erano le olive, l'uva e i fichi; ma in talune regioni più fortunate, come la Tessaglia, la Beozia e l'Argolide, si coltivavano grano e soprattutto orzo. Questi cereali erano però insufficienti a sfamare l'intera popolazione, tanto che fu sempre necessario importarne in grande quantità da paesi lontani: dalla Sicilia, dall'Egitto e dalle pianure meridionali dell'odierna Russia.
Ciò spiega la grande importanza che ebbe per i Greci il commercio specialmente marittimo divenuto, col passare del tempo, la maggiore risorsa della loro economia.
Atene, infatti, col vicino porto del Pireo, insieme con le città di Corinto e di Siracusa, si assicurò quel primato economico di cui in precedenza avevano goduto i Fenici e che nell'età ellenistica passò ad Alessandria d'Egitto.
In cambio di pregiati prodotti orientali e di derrate alimentari, i Greci esportavano in prevalenza olio, vasi, ceramiche, armi e tessuti. Essi usavano monete d'argento (e, più tardi, anche di bronzo e d'oro), tra le quali molto pregiata fu la dramma di Atene.
Accanto al commercio si svilupparono, in particolar modo nell'Attica, le attività industriali. In genere esse erano esercitate da famiglie di artigiani, che si trasmettevano il mestiere da una generazione all'altra; non mancarono però anche vere e proprie manifatture che tenevano occupate parecchie decine di operai ciascuna; ciononostante l'industria antica, data la tecnica arretrata, non produsse mai manufatti in quantità tale da permettere anche ai poveri di farne uso.
Le attività commerciali e artigiane, promosse e favorite per il benessere comune, erano però riservate agli stranieri o agli schiavi liberati. Il cittadino greco preferiva le occupazioni politiche o intellettuali; a volte si impegnava nei lavori agricoli scorgendo in essi una tradizione di nobiltà.
Nelle città più popolose (almeno a partire dal IV sec. a. C.) si praticava quella che noi moderni chiamiamo "divisione del lavoro". In questo brano della Ciropedia Senofonte mette chiaramente in luce i vantaggi che ne possono derivare:
"Nelle piccole città [...] un solo uomo fa letti, porte, aratri, tavoli, spesso anzi questo stesso costruisce anche case, si contenta di trovare questo o quel datore di lavoro che gli dia di che tirare avanti; ed è impossibile che un uomo che esercita più mestieri li possa far tutti bene. Nelle grandi città invece, a causa della maggior domanda esistente nei singoli campi, un sole mestiere è sufficiente a procurar di che vivere ad un uomo; anzi, spesso non è necessaria neppure un'arte completa: per esempio uno può fare scarpe da uomo e un altro scarpe da donna, e può addirittura succedere che uno trovi da vivere con le sole riparazioni, un altro adornando le scarpe, un terzo con il semplice taglio delle tomaie e un quarto infine, senza far niente di ciò che fanno gli altri, semplicemente con il montare le scarpe. Necessariamente allora colui che costantemente si limita ad un solo lavoro deve riuscire a compiere tale lavoro in modo perfetto. La stessa cosa succede nella preparazione dei pranzi: infatti quando uno solo dispone i cuscini, apparecchia la tavola, impasta il pane, prepara ora questo cibo, ora quest'altro, penso che in tal caso ci si debba per forza accontentare di prendere ciò che da lui si può ottenere. Quando invece uno ha il solo incarico di lessare la carne, e un altro di arrostirla, uno di lessare il pesce e un altro di cuocerlo nel forno [...], in tal caso ritengo che con questa suddivisione del lavoro le varie cose possono tutte essere preparate a puntino."
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