18.13 Posizione e autorità del "pater familias"
È assai probabile che la parola familia sia collegata col nome osco famel, che vuol dire "servo". Per i Romani, infatti, familia significa quel complesso di persone e cose soggette all'autorità del pater. Si tratta dunque di un concetto assai più largo di quello che abbiamo oggi.
Il pater familias era, nella Roma primitiva, il capo delle persone che riconoscevano in lui l'autorità del capostipite o del padrone. Era capostipite per i figli e per i nipoti, tutti riuniti sotto un unico tetto, o sotto un'unica potestà; era padrone per la schiera dei servi. In effetti, il pater familias era quasi sempre un patrizio, almeno nei primi secoli. I poeti latini ci hanno tramandato un'immagine idilliaca della famiglia primitiva romana, tutta intessuta di pace, di amore, di felicità. Da certi altri scritti si riceve un'immagine opposta: il pater familias è descritto come un tiranno feroce e selvaggio. Forse nell'uno e nell'altro caso siamo lontani dalla realtà. La famiglia dei primi secoli di Roma doveva avere una vita semplice, sana, patriarcale: non certo un paradiso terrestre, ma nemmeno un inferno di tirannide. L'istituzione (nata dall'uso assai prima d'essere fissata con leggi) del pater familias doveva certamente costituire il cardine di tutta la vita pubblica e privata. Nei primi tempi la patria potestas conferiva al capo della famiglia ogni diritto sulle persone e sulle cose a lui sottoposte. Ogni diritto di proprietà sui beni, sui terreni, sul bestiame e sugli schiavi apparteneva a lui. E a lui apparteneva anche il diritto di vita e di morte sugli individui della comunità a lui sottoposta: la moglie, i figli, i nipoti e i servi.
Si trattava, insomma, di un vero piccolo re. Sopra il pater familias, si ergeva solo, talvolta, il diritto collettivo degli altri patres riuniti in assemblea. E sopra di loro era la divinità, con i suoi terrori, i suoi insegnamenti, le sue speranze e le sue promesse.
E intorno a lui c'era la lotta, dura e diuturna, dell'uomo contro la natura ancora chiusa nei suoi segreti e contro gli stessi altri uomini, tutti protesi nell'ansia del dominio [...].
Il pater familias era, prima di tutto, il sacerdote della sua piccola comunità. Era suo compito offrire sacrifici, com'era suo compito fare libagioni ai Lari domestici.
Ovidio rievoca la scena, solenne e semplice, della famiglia raccolta in silenzio attorno al pater che immola sull'ara la vittima "Ride d'argento la casa, l'ara cinta di caste verbene brama d'essere spruzzata dal sangue dell'agnello immolato."
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Asse:
unità monetaria romana che corrispondeva a una libbra di rame in barre (la libbra è una misura di peso pari a g 327,5); era usata come mezzo di scambio in Italia e nei paesi ove non era stata introdotta dai Greci e dagli Etruschi la moneta d'argento coniata. Col tempo subì variazioni di peso e di valore.
Cloaca Massima:
grande canale sotterraneo di scarico per l'acqua piovana e per i rifiuti costruito in Roma al tempo dei Tarquini: si buttava nel Tevere dopo un percorso di 600 metri.
Coalizione:
alleanza di due o più Stati sancita per un interesse comune. Essa vincola i partecipanti a prestarsi reciproco aiuto in occasione di una guerra.
Foro:
piazza del mercato e luogo di riunione in cui affluiva molta gente, anche dai paesi vicini, per commercio, per processi ecc.
Gens:
dalla distinzione in gentes e familiae derivò ai Romani l'uso dei "tria nomina": il primo era il praenomen personale; il secondo, il nomen della gens; il terzo, il cognomen, aggiunto per maggior distinzione, che indicava in genere la famiglia. Ad esempio, Publius Cornelius Scipio aveva nome Publio, apparteneva alla gente Cornelia e alla famiglia degli Scipioni.
Littori:
guardie che precedevano i re etruschi (e più tardi il dittatore, i consoli e i pretori romani) portando un fascio di verghe con la scure, simbolo del potere che quei magistrati avevano di punire i trasgressori della legge e i traditori.
Reddito:
è il frutto, la rendita che si può trarre da una proprietà o da un capitale.