22. Con quali soldati e metodi Roma attuò le sue conquiste
22.1 L'esercito
L'esercito fu, nel periodo della repubblica, lo strumento principale dell'espansione romana.
In origine l'esercito si componeva di soli patrizi: tremila fanti e trecento cavalieri forniti in parti uguali dalle tre tribù originarie; ma dopo la riforma di Servio Tullio, si reclutarono cittadini di tutte le classi, purché fossero in grado di armarsi con mezzi propri; i proletari, che non avevano nulla, non erano normalmente ammessi nell'esercito, e solo se si rendeva necessaria una leva in massa anch'essi venivano armati e mantenuti a spese dello Stato.
Quando il Senato dichiarava la guerra, subito decretava le leve e fissava il numero di soldati che reputava necessario; quindi i consoli convocavano il popolo sul Campidoglio e sceglievano tra le varie tribù un ugual numero di uomini fino a ottenere il quantitativo stabilito dal Senato. I più ricchi formavano la cavalleria, mentre gli altri venivano a costituire i corpi di fanteria. Tale distinzione in base alla ricchezza perdurò anche quando - data la lunghezza di alcune guerre - il governo si vide costretto a istituire una paga fissa uguale per tutti.
Solo in caso di guerra coloro che erano soggetti all'obbligo della leva prestavano servizio permanente nelle unità combattenti; i cittadini dai 17 ai 45 anni (iuniores = più giovani) costituivano l'esercito combattente, quelli dai 46 ai 60 (seniores = più vecchi) la riserva. In tempo di pace essi erano tenuti a compiere di tanto in tanto esercitazioni militari in una località detta Campo di Marte.
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