29.4 L'opera di Cesare
Solo una tale trasformazione poteva permettere a Roma di coronare la sua missione universale e di reggere il governo del mondo.
Cesare volle subito mostrarsi come il pacificatore che chiudeva per sempre l'era delle lotte civili; sedò gli odi, impedì le vendette e chiamò intorno a sé i cittadini più meritevoli, senza distinzioni di partito. Nell'intento di togliere l'incentivo all'ozio diminuì le distribuzioni gratuite di grano e, secondo il programma già tentato dai Gracchi, moltiplicò le colonie assegnando terre da coltivare ai veterani e ai proletari. Provvide a mettere un argine alle dilapidazioni dei governatori delle province poco scrupolosi e allargò i quadri del Senato, che aveva perduto gran parte del suo potere, introducendovi non solo gli Italici, ma perfino dei Galli e degli Spagnoli.
È lecito quindi supporre che la politica di Cesare, come già quella di Alessandro Magno in Oriente, mirasse all'unificazione dei popoli, a rimuovere cioè tutte le barriere e tutte le distinzioni e a riunire sotto la legge di Roma cittadini e provinciali, vincitori e vinti; quest'opera che alla sua morte, egli lasciava appena iniziata, sarebbe stata la lenta e progressiva conquista dei secoli successivi.
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