37.4 Decadenza dell'impero d'Occidente
Onorio portò la capitale a Ravenna, che era facilmente difendibile in caso di assedio perché dotata di un porto sul Mare Adriatico e circondata da paludi. Da Ravenna, inoltre, meglio che da Roma, era possibile sorvegliare i passi alpini dai quali, quasi a ogni primavera, calavano impetuose orde barbariche.
A Ravenna, abbellita di monumenti e resa splendida dal fasto della corte, soggiornarono gli ultimi imperatori d'Occidente: privi di personalità, rotti ad ogni vizio e dominati dagli intrighi dei cortigiani e dalle ambizioni dei generali, non seppero impedire il rapido crollo dell'impero.
E tutto questo avvenne malgrado l'impero d'Occidente, per la comunanza dei costumi e della lingua, costituisse una vera unità politicosociale già da tempo, mentre l'Impero d'Oriente si era costituito e si reggeva sulle diversità linguistiche e di tradizione.
D'altra parte nemmeno le riforme di Diocleziano, di Costantino e di Teodosio avevano saputo rimediare allo spopolamento, alla penuria di soldati e di braccia lavorative, alle difficoltà finanziarie causate dalle eccessive spese della burocrazia e dalle esenzioni dalle imposte, troppo facilmente concesse ai ricchi. La crisi economica ingigantiva; la moneta si svalutava sempre più, i piccoli proprietari scemavano di numero e, di conseguenza, si formavano masse sempre più fitte di miserabili di fronte a pochi straricchi.
Ecco come già alla fine del III secolo il vescovo di Cartagine, Cipriano, evoca la miseranda situazione:
"L'inverno per nutrire le sementi non ha più le piogge d'una volta, l'estate lo stesso calore per farle maturare; il tepore della primavera non è più così favorevole alla vegetazione, l'autunno è meno fecondo di frutti. Le montagne depauperate e stanche non danno più la stessa quantità di marmi, le miniere d'oro e d'argento si esauriscono.
Il numero dei coltivatori diminuisce e nelle campagne scarseggiano i lavoratori, come i marinai sulle navi, e i soldati negli accampamenti. Nessuna probità nel foro, nessuna giustizia nei tribunali; nessuna concordia tra gli amici, né abilità nei mestieri, nessun ritegno nei costumi. [...] Voi vi lamentate, ma se le armi dei barbari, se i pericoli che vi incalzano cessassero di minacciarvi, non avreste forse ancora le lotte domestiche? E i potenti con le loro calunnie e violenze non sarebbero forse dei nemici ancora più terribili? Voi vi rammaricate della sterilità e della carestia, ma la causa principale della carestia non è la siccità, è la cupidigia che con l'accaparramento dei viveri e l'esagerazione dei prezzi, le rende ancor più intollerabili [...]"
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